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Notizie Flash

Compliance in trappola: l’Italia teme la corruzione più della cybercriminalità 

Nonostante la cyber security sia prioritaria per oltre la metà delle aziende, l’Italia continua a mettere al primo posto l’anticorruzione. Il motivo? Una cultura aziendale ancora impreparata.

Indice dei contenuti

  • L’Italia guarda alla compliance, ma non nella direzione giusta 
  • Normative sempre più complesse: ostacolo o opportunità? 
  • Intelligenza artificiale: potenziale enorme, ma ancora poco sfruttato 
  • Digitalizzazione sì, ma con più competenze e meno timori 

L’Italia guarda alla compliance, ma non nella direzione giusta 

Secondo la PwC Global Compliance Survey 2025, la cyber security rappresenta oggi la principale priorità normativa per il 56% delle aziende italiane, in linea con la media globale del 51%.

Tuttavia, quando si scava più a fondo, emerge un dato sorprendente: per il 66% delle aziende italiane, l’anticorruzione e l’antiriciclaggio sono ancora al primo posto, seguiti da ambiente e sostenibilità (54%) e salute e sicurezza (51%). 

Questa differenza rispetto al panorama globale dimostra come l’Italia continui a focalizzarsi su normative di tipo tradizionale, legate al contesto locale, mentre il resto del mondo sta puntando sempre più sull’innovazione tecnologica come frontiera della compliance

Normative sempre più complesse: ostacolo o opportunità? 

Il 93% dei risk manager italiani ha percepito un incremento della complessità normativa, un dato superiore alla media globale dell’85%. Le aree più colpite?

Fiscalità, governance, sistemi IT e, naturalmente, sostenibilità. La conseguenza? Le aziende sono spesso costrette a rincorrere regole e ad adeguarsi in affanno, piuttosto che anticiparle e governarle. 

A peggiorare il quadro, ci si mettono fattori interni come una cultura aziendale inadeguata (54%), strutture organizzative complesse (49%) e una bassa consapevolezza dei dipendenti (46%). Mentre a livello globale il vero nemico è la crescente regolamentazione, in Italia si combatte su più fronti. 

Intelligenza artificiale: potenziale enorme, ma ancora poco sfruttato 

Solo il 7% delle aziende italiane si considera leader nella compliance, e i dati sull’adozione dell’intelligenza artificiale lo confermano: il 44% non la utilizza affatto, contro il 32% della media globale. Eppure, l’IA potrebbe essere una svolta decisiva per semplificare la gestione dei dati, automatizzare le attività ripetitive e ridurre gli errori. 

Nel mondo, l’AI è già in uso nell’analisi predittiva (46%) e nel rilevamento delle frodi (36%). In Italia, invece, i numeri sono nettamente più bassi: rispettivamente 27% e 19%. La preoccupazione per un uso improprio, la disinformazione, la privacy e la governance dell’IA resta alta, con picchi del 90% tra gli intervistati italiani. 

Digitalizzazione sì, ma con più competenze e meno timori 

Il 73% delle aziende italiane prevede di investire in soluzioni digitali per affrontare le sfide della compliance normativa, puntando in particolare su formazione, due diligence, valutazione dei rischi e prevenzione delle frodi

Ma senza le giuste competenze, il cambiamento resterà sulla carta. Le figure più richieste oggi sono esperti in risk management, legal, audit, ma anche professionisti capaci di pensare in modo critico, analizzare dati e comunicare in modo strategico.

L’80% degli intervistati ritiene che la compliance giocherà un ruolo chiave nella trasformazione digitale dei prossimi tre anni. 

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