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Licenza Open Source: cos’è e come funziona

Dal copyleft di Stallman all’open source moderno: come le licenze libere hanno cambiato il software e reso l’innovazione collaborativa.

software libero

Indice dei contenuti

  • Il concetto di copyleft: le radici del software libero
  • Dal copyright al copyleft: un’inversione di paradigma
  • Le quattro libertà fondamentali del software libero
  • Esempi di licenze copyleft: GPL e Creative Commons
  • Dalla filosofia alla pratica: la nascita dell’Open Source
  • Open Source Initiative: una definizione strutturata
  • OSI criteria for an Open Source license
  • Libertà, cooperazione, innovazione

Il concetto di copyleft: le radici del software libero

Prima di analizzare il modello “Open Source” è opportuno partire dal concetto di “copyleft”, teorizzato da Richard Stallman, figura di riferimento nell’ambito dell’informatica per il suo impegno a favore della libertà digitale e per il ruolo centrale nella nascita del movimento del software libero.

Il programmatore e attivista newyorkese inaugurò nel 1983 il progetto GNU (acronimo per GNU’s Not Unix), con l’obiettivo di sviluppare un sistema operativo interamente costituito da software liberi, ossia non proprietari.

Due anni dopo fondò la Free Software Foundation (FSF), un’organizzazione senza scopo di lucro dedicata alla promozione e tutela della libertà dei programmi per elaboratore; nel 1989, riuscì nell’impresa di elaborare la prima versione della GNU General Public License (GPL), una licenza che ha avuto un impatto duraturo e vasto nella diffusione del software libero.

Open Source Initiative

Dal copyright al copyleft: un’inversione di paradigma

La parola “copyleft” è stata coniata a partire da copyright, ossia il termine che nel diritto di common law indica la tutela autoriale e che di regola è accompagnato dalla frase “all rights reserved”, insieme al simbolo della “c” circoscritta.

Il modello di copyleft, invece, insieme alla perifrasi “all rights reversed” con una “c” rivolta a sinistra, indica un nuovo modo di gestire i diritti di proprietà intellettuale connessi ad un programma per elaboratore, ma anche alle altre opere dell’ingegno, e si propone come un baluardo di difesa di quattro libertà: esecuzione, studio, modifica e condivisione.

Le opere soggette a copyright possono essere utilizzate esclusivamente con l’autorizzazione formale di chi detiene i diritti, la quale di regola viene rilasciata dietro il pagamento di un corrispettivo: nel modello tradizionale del software proprietario, il copyright viene impiegato, a titolo esemplificativo per vietare modifiche, decompilazione, creazione di opere derivate redistribuzione, analisi del codice. Pertanto, si tutela l’opera limitando la libertà dell’utente, ossia il licenziatario.

Nel manifesto di Stallman “What is Copyleft?” (reperibile al seguente link https://www.gnu.org/licenses/copyleft.html), viene statuito che “Proprietary software developers use copyright to take away the users’ freedom; we use copyright to guarantee their freedom” (traducibile come “Gli sviluppatori di software proprietario sfruttano il diritto d’autore per limitare le libertà degli utenti; noi, invece, lo utilizziamo per assicurarle”).

Infatti, il movimento del software libero ribalta questo approccio, usando il meccanismo giuridico del copyright in modo inverso e proattivo: le licenze libere (come la GNU GPL), sanciscono che ogni utilizzo, copia o modifica dell’opera sia consentito, purché venga mantenuta la stessa libertà anche per gli utenti successivi.

  • Questo è il cuore del concetto di copyleft
    Il divieto di privatizzare l’opera che è nata libera, e che deve restare accessibile ai futuri utenti. In pratica, chiunque apporti modifiche o aggiunte a un contenuto rilasciato con licenza copyleft è tenuto a distribuire il risultato con la stessa licenza: questo meccanismo assicura che si sviluppi una continuità di lavori aperti, disponibili a tutti e liberamente modificabili da chiunque voglia dare un suo personale contributo.

Applicando una licenza copyleft, l’autore consente a chiunque di accedere e intervenire liberamente sul codice sorgente e in generale sull’opera, a patto che ogni versione derivata venga distribuita con le stesse condizioni di apertura, in modo che i terzi non possano appropriarsi indebitamente della paternità dell’opera o delle sue modifiche.

Le quattro libertà fondamentali del software libero

Le parole di Stallman sono rilevanti per comprendere il concetto di Software Libero, e i profili filosofici che vi sono sottesi: “Il termine “software libero” a volte è frainteso: non ha nulla a che fare con il prezzo. Riguarda la libertà. Ecco, quindi, la definizione di software libero. Un programma è software libero, per te, un particolare utente, se:

  • Hai la libertà di eseguire il programma come preferisci, per qualsiasi scopo.
  • Hai la libertà di modificare il programma in base alle tue esigenze. (Affinché questa libertà sia effettiva nella pratica, devi avere accesso al codice sorgente, poiché apportare modifiche a un programma senza il codice sorgente è estremamente difficile.)
  • Hai la libertà di ridistribuirne delle copie, gratuitamente o a pagamento.
  • Hai la libertà di distribuire versioni modificate del programma, in modo che la comunità possa trarre vantaggio dai tuoi miglioramenti.” (traduzione dall’inglese; fonte: The GNU Project al seguente link: https://www.gnu.org/gnu/thegnuproject.html.en)

Esempi di licenze copyleft: GPL e Creative Commons

Tra le licenze copyleft più note e utilizzate si possono citare:

  • GNU General Public License (GPL), che, come anticipato, è stata ideata da Richard Stallman con lo scopo di assicurare che il software resti libero nel tempo, anche quando viene modificato o distribuito da terzi.
  • Creative Commons Attribution-ShareAlike (CC BY-SA), diffusa in particolare per opere creative diverse dal software, consente un utilizzo sia commerciale che senza scopo di lucro, imponendo che ogni rielaborazione venga condivisa con la medesima licenza, mantenendo quindi lo stesso grado di apertura.

Dalla filosofia alla pratica: la nascita dell’Open Source

Negli anni ’90, tuttavia, il concetto di software libero promosso Stallman, se da un lato aveva successo nel mondo accademico e attivusta, dall’altro incontrava ostacoli ad imporsi nel business statunitense, e sovente veniva equivocato il termine “free”, interpretato come gratuito piuttosto che libero.

Per rendere le licenze aperte più appetibili alle aziende, nel 1997 alcuni esponenti della comunità informatica — tra cui Bruce Perens, Eric S. Raymond e altri — proposero una nuova narrativa, più orientata ai vantaggi pratici ed economici del modello aperto: nacque il termine Open Source, letteralmente “codice sorgente aperto” con l’intento di superare le resistenze ideologiche e avvicinare il mondo del business.

Il cambiamento trovò terreno fertile quando Netscape decise di rendere pubblico il codice sorgente del proprio browser, stimolando un confronto sulla necessità di licenze più flessibili rispetto alla GNU GPL. Il sostegno di grandi attori del settore come IBM, Sun Microsystems, HP e la stessa Netscape, contribuì in modo decisivo alla legittimazione dell’Open Source come approccio industriale efficace alla produzione di software.

Open Source Initiative: una definizione strutturata

La Open Source Initiative (OSI) partì dalle quattro libertà fondamentali del software libero – di eseguire il programma, per qualsiasi obiettivo, di analizzarlo e adeguarlo alle proprie necessità, di ridistribuirne le copie e di effettuare e condividerne i miglioramenti – per definire in modo formale cosa si intende per software Open Source.

Un ulteriore principio cardine è l’assenza di discriminazioni verso persone o gruppi, e in relazione agli ambiti di utilizzo. Quando una licenza soddisfa questi requisiti, si può parlare di Free and Open Source Software (FOSS), ovvero di un modello che coniuga la dimensione etica del software libero con quella operativa e collaborativa dell’Open Source; la OSI riconosce più di 70 tipologie di questo tipo di licenza.

OSI criteria for an Open Source license

La definizione di Open Source della OSI ha tra i suoi pilastri fondamentali nei seguenti criteri (Fonte: https://opensource.org/osd):

  • La licenza non vieta a terzi di commercializzare o trasferire il software, anche all’interno di pacchetti aggregati che includano programmi provenienti da sviluppatori diversi. Anche se è possibile richiedere un corrispettivo economico per la distribuzione del supporto fisico o del servizio, le libertà concesse dal software (uso, modifica, redistribuzione, accesso al codice sorgente) devono restare intatte per tutti gli utenti finali. La licenza non prevede una remunerazione per porre in essere tali attività.
  • L’accesso al codice sorgente e al codice oggetto deve essere sempre mantenuto, è vietato offuscarlo;
  • Le opere derivate circoleranno con la stessa licenza dell’opera originale.
  • Le licenze Open Source possono tutelare il codice originale impedendo la diffusione diretta di versioni modificate, ma devono comunque consentire che queste modifiche siano rese disponibili tramite file separati (patch). Inoltre, è fondamentale che venga garantita la possibilità di distribuire software basato su codice modificato.

L’adozione della licenza d’uso si rende indispensabile anche per evitare utilizzi distorti del software Open Source, come nel caso di condotte opportunistiche o sfruttamento improprio del lavoro altrui senza reale contributo allo sviluppo collettivo.

Libertà, cooperazione, innovazione

Con la licenza Open Source il titolare del copyright concede all’utente diritti fondamentali di accesso, modifica, uso e redistribuzione del software. Questo modello, nato come visione radicale per contrastare il controllo delle grandi corporation, è oggi alla base dell’innovazione in settori chiave dell’informatica, dal sistema operativo Linux ai principali strumenti di sviluppo moderno.

Comprendere cos’è una licenza Open Source, come funziona e perché è importante è essenziale non solo per i programmatori, ma anche per le aziende, le pubbliche amministrazioni e i cittadini digitali. Le licenze Open Source non sono solo strumenti giuridici: sono il collante che tiene insieme la più grande comunità di sviluppo collaborativo della storia umana.

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